ADA L’IMPAVIDA – Tre / La cugina militare


Qui le ore un mi passan mai. Un po’ che un mi mòvo più tanto bene e gli ossi un mi tengono, un po’ che un sento più come una volta e anche la radio dopo un po’ mi dà fastidio, la televisione poi un la capisco più e invece di farmi compagnia e mi disturba, parlano parlano ma alla fine è come al principio, insomma le giornate son lunghe. Per fortuna c’è il mi’ figliolo che viene a stare con me e mi fa tante di quelle domande che alla fine mi gira la testa e sono stanca però anche contenta, perché mi fa ricordare la mi’ famiglia e la mi’ Livorno, che anche quella adesso non c’è più. O magari sì, un esco e un lo so, ma a vederla dal balcone e mi pare che c’è più macchine e motorini, però poi la domenica le campane della chiesa e son le stesse e tutti si vestono a modo, e al tocco corrono a casa e si fermano solo per comprare le paste qui di fronte, li vedo bene entrare e uscire con i bimbi per mano e il cartoccio dei dolci nell’altra, questo mi pare eguale.

Non che un tempo si comprassero le paste, c’era una miseria che altro che le paste, però la domenica era la domenica, mi’ babbo si metteva il vestito bòno e teneva per mano Ida e Dino e io avanti con Eugenio, questo sì. E finché è stata viva avanti andava la mi’ mamma e da una parte per mano ci teneva me.

Però un s’andava in chiesa: s’andava al mare, invece, o sulla piazza di Montenero, dove s’allarga e ci sono i baracchini dei suvenìr, o dei riordìni come li chiamavano quelli che li vendevano: “Lo vòle il riordìno? Lo prenda, è il riordìno della madonna!”. Noi però un li prendevamo, un po’ per i soldi che eran pochi e un po’ perché ricordare la madonna un ci serviva, visto che ci s’abitava vicino. Noi s’andava a trovare la mi’ cugina che n’aveva uno,  la figliola di Emilia, di baracchino dico, mi’ nonna dalla parte del babbo, che il su’ fratello Pietro e mi voleva sposa’ ma io glielo dissi che tra cugini e un ci si sposa che i figlioli vengono sciupati o peggio. Anche se non eravamo cugini un lo sposavo uguale, perché un mi garbava punto, ma un glielo volevo di’ per educazione e un gliel’ho mai detto. Anzi quando poi ha preso moglie ci sono anche andata al matrimonio, e s’è mangiato e bevuto, auguri e figli maschi. Invece ha avuto due femmine. I maschi l’ho avuti io, e belli sani, col mi’ marito che un s’era cugini e né parenti.

Questa cugina, che oggi vi racconto la su’ storia e un giorno forse quella del su’ fratello Pietro anche se mi sembra che ve l’ho già bella e raccontata ma forse qualcos’altro e mi viene in mente, questa cugina dicevo era bella. Aveva gli occhi grandi e i capelli neri, lunghi, mossi: non lisci come i miei, che infatti poi mi son sempre fatta la permanente, e nemmeno riccioli come la mi’ nuora, che infatti e un si pettina nemmeno. Il mi’ figliolo dice che i suoi son ricci malandrini e a me piace vederli quando si abbracciano e si danno baci, mi fa allegria. Però si pettinasse ogni tanto e un le farebbe male, starebbe più a modino, via.

Questa cugina, dicevo, aveva una massa di capelli ed era alta, la più alta di tutti in famiglia e forse l’unica alta, che io son piccina e così i miei fratelli e la mi’ sorella, poi, più piccina di me. Un bel personalino, insomma. Una volta le dovevo fa’ un abito e l’avevo misurata, un po’ forte di petto ma la vita sottile, poi un glielo feci più ma da qualche parte le misure le avrò ancora, le ho sempre tenute tutte. Però un s’era mai sposata. Perché un lo so, era molto religiosa, forse per questo. Sta di fatto che ne aveva intorno ma lei niente mai, poi è morta e il su’ segreto lo sa la terra. Un giorno, una domenica che un s’era andati al mare, arriviamo al baracchino e la troviamo agitata, nervosa, una furia, ma un ci voleva di’ e che c’era. Alla fine, picchia e batti, ci mostra una cosa che, diceva, era dell’altro mondo. A me tutta la storia l’ha raccontata il mi’ babbo, che io avrò avuto tre anni quando la su’ sorella e ne aveva venti. Però me l’ha ripetuta tante di quelle volte, era una delle su’ storie preferite, che mi par di vederla scarmigliata e sudata e invece un è possibile. Strano come le parole ti fan vedere un posto o una persona meglio degli occhiali, e allora.

Allora alla fine tirò fuori una carta e ci disse che le era arrivata il giorno prima. Dice che anche il postino e rideva quando gliel’aveva messa in mano, che era la cartolina per passa’ la visita del militare. A noi e ci venne da ride ma lei aveva gli spasmi, perché una volta un era che si poteva telefana’, s’aveva da andare di persona: e lei all’idea di andare al distretto, e a Pisa per di più che a Livorno un c’era, da sola a prende il treno, s’era messa in agitazione, con tutti quei giovani intorno e il viaggio e prima e dopo. Ma poi ci andò e glielo spiegò per benino al maresciallo che il su’ nome e si leggeva Èlia, non Elìa, e che lei sapeva una semplice di accenti e non accenti, lei si chiamava Èlia ed era una donna, o un lo vedevano?

Io credo che a Montenero e la raccontano ancora la storia della mi’ cugina che la volevano fa’ parti’ militare. O poi un lo so se la raccontano ma io ve l’ho raccontata per farvi passare un po’ di tempo. Che a volte il tempo e un passa mai, invece se ci si mette a raccontare si sta insieme senza lavora’ e finisce che ci si riposa con le parole, che è sempre una bella cosa quando la vita ci stanca.

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In ogni caso nessun rimorso
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6 risposte a ADA L’IMPAVIDA – Tre / La cugina militare

  1. Lia ha detto:

    Cara Fiamma, cara Ada, care tutte, come s’intrecciano e si rispecchiano le vite, gli accadimenti, le cose. Secoli fa, i miei si sono accorti che sul mio atto di nascita c’era scritto “sesso: maschile”. Probabilmente l’impiegato dell’anagrafe ha scritto Lia pensando Elìa, appunto. Comunque, se ne sono accorti appena in tempo per evitarmi la maledetta chiamata. Sarebbe stato buffo, visto che ero già sposata e di lì a non molto sarei stata incinta…

  2. maria grazia serradimigni ha detto:

    “Che a volte il tempo e un passa mai, invece se ci si mette a raccontare si sta insieme senza lavora’ e finisce che ci si riposa con le parole, che è sempre una bella cosa quando la vita ci stanca.”
    Mamma mia come è vero! riposarsi con le parole e le storie…
    Però lei, signora Fiamma, una pettinatina se la potrebbe pure dare che poi sarebbe così a modino!

  3. Assunta Altieri ha detto:

    Bellissima storia, Ada. E quei ricci… oh quei ricci! Lascia che s’abbraccino e si bacino quei ricci de la tu’ nuora, ché son baci e abbracci sinceri, belli perfino a pensarsi. Vederli poi, una goduria.
    E comunque quelli del Servizio di Leva un so’ cambiati punto: solo vent’anni fa la mia amica Celeste (ché Celeste è un nome unisex, ho saputo) l’ha ricevuta pure lei “la chiamata”. Però c’era il telefono e s’era più avvezzi a far viaggi.

    • UtoFia ha detto:

      Ah beh, allora non son così vecchia se racconto storie moderne. Oggi le bambine le chiamano Asia e a militare un ti ci chiamano più, però. E i baci sì che li lascio fare, di piangere se n’ha anche troppo.

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